Si scrive Kaukenas ma si legge Atum, il creatore dell’universo e signore delle divinità, autocreato e sposato con la propria ombra. Non può che essere un Dio pagano… 39 anni sulla carta d’identità, alla fine di una lunga ed estenuante stagione, contro una corazzata come quella milanese, confeziona 27 punti in 32 minuti, concedendone solo 8 per la vittoria Olimpia.
A differenza degli dei, Rimantas Kaukenas non vive di luce riflessa, bensì di lavoro duro, quello che lo porta ad allenarsi da triatleta nelle pause estive senza pallacanestro giocata; un esempio per tutti, un giocatore da clonare per l’essenzialità professionale. Purtroppo spesso la letteratura sportiva dimentica il “sommerso” dei campioni per evidenziare solo il prodotto finito, fatto di numeri, canestri e vittorie.
Adoro e amo pensare, da inguaribile romantico, che le prestazioni ultime di Kaukenas siano figlie di un risarcimento degli dei del basket, verso quella scuola lituana di inestimabile valore. Vi prego di salvare i video con le gesta del biondo in maglia n.13, quelle uscite dai blocchi, la capacità di mettere a posto i piedi in un secondo, la meccanica compatta di tiro. Ogni santo giorno che passa fra due canestri, perle tecniche di cotanto valore saranno raggi di luce nel grigiore tecnico a cui siamo spesso costretti, elementi che danno ancora un senso alla parola “fondamentali”.
Oltre a tutto questo la mentalità vincente di un leader che non ha bisogno di alzare la voce per farsi rispettare; la marea milanese l’ha arginata da solo, fra canestri e assistenze ai compagni, mandando un messaggio ai deboli anticorpi italici (Della Valle e Polonara non possono subire emotivamente senza reagire). Kaukenas ha vinto tanto e si vede, viene da una scuola che non contempla l’accettazione di un’inferiorità fra le tavola parchettate, non a caso insieme a Lavrinovic scelto per guidare la truppa reggiana.
Serie chiusa? No, se i compagni seguiranno il solco tracciato dal proprio Dio lituano…
Raffaele Baldini (www.cinquealto.com)