Tanjevic ricorda Radivoj Korac

Da: Indiscreto.info

Un bellissimo e spontaneo ricordo del grande Radivoj Korac da parte Boscia Tanjevic, sentito telefonicamente da Oscar Eleni:

“Voglio ricordare a 47 anni dalla sua scomparsa un grande giocatore, un grande uomo, perché il biondino, come lo chiamavamo noi, il nostro caro Korac, era un vero intellettuale e non uno scemo che palleggiava e tirava, accidenti se tirava bene, come molti di oggi.

Dovevamo vederci per una delle ultime feste del basket a Sarajevo. Lui doveva premiare i migliori allievi, nel progetto scuola e sport di quella che era la nostra Patria prima che la sfasciassero i signori della guerra. Noi arrivavamo da Belgrado. Lui, che non amava gli aerei, in macchina, sul Maggiolone, da Padova dove giocò per quella squadra che con Moe era stata il capolavoro del professor Aza Nikolic. Era felice, era Radivoj, ne fece 33 anche in quella partita. Ma era uno che segnava tanto, ne avrebbe fatti più dei 100 di Chamberlain se dopo i 99 a Stoccolma, Coppa campioni ’64-’65, non ricordando l’impresa del grande centro americano due anni prima, non lo avessero messo in panchina.

Festa a cui partecipò Creso Cosic, altro grandissimo, anche se era ancora l’uomo degli scherzi a quei tempi, non il grande genio diventato mormone, il più grande fra i centri anche se Radivoj lo chiamava, come tutti, Tendine. Sì, Creso era proprio tendini e ossa, zero muscoli. Partita, cena e poi via verso un bar della periferia dove Cosic arrivò andando a 170 all’ora sulla sua Audi. Baci, abbracci, i soliti scherzi e persino un whisky per Korac che era assolutamente un non bevitore, come noi.

Progetti per il giorno della partenza la mattina seguente. Io e mia moglie volevamo un passaggio, ma lui lo aveva promesso ai tre ragazzi studenti che dovevano tornare presto a Belgrado che potevano contare su di lui. Finì tutto molto tardi. Quando il giorno dopo lui capì che i giovanotti erano saliti su treno a cuccette della notte, non si ricordò di chiamarci nella camera all’hotel Central. Partì da solo. Fu lo schianto e per riconoscerlo fra i rottami arrivò Ranko Zeravica, il suo primo grande maestro che abbiamo salutato da poco. Uno che, come lui, mi chiamava il turco anche se non fumavo poi così tanto. Destino. Dolore. Ma Korac è sempre con noi e ogni 2 giugno brindo alla sua memoria”.