L’incanto della Cappella Farnese, all’interno del Palazzo Comunale di Bologna, ha ospitato questa mattina la cerimonia di consegna dell’Italia Basket Hall of Fame 2015: il premio, giunto alla decima edizione, è il più alto riconoscimento che la FIP assegna a chi si è particolarmente adoperato per la diffusione e la crescita della pallacanestro italiana.
Le onorificenze 2015 sono state consegnate a Iwan Bisson (categoria atleti), Bianca Rossi (atlete), Bogdan Tanjevic (allenatori), Achille Canna (Una vita per il basket) e alla Pallacanestro Varese 1970-79 (club storici, per le dieci finali consecutive di Coppa Campioni). Alla cerimonia è intervenuto il presidente della FIP Giovanni Petrucci, accanto a lui il CT della Nazionale Ettore Messina che stasera sarà in panchina al PalaDozza per la partita tra l’Italia e le Filippine, semifinale dell’Imperial Basketball City Tournament.
I vari interventi sono stati introdotti da Dario Colombo, a fare gli onori di casa ci ha pensato il Presidente Petrucci: “Sono emozionato e felice allo stesso tempo: oggi rivedo Valerio Bianchini, Sandro Gamba, Boscia Tanjevic ed Ettore Messina, ovvero tutti gli allenatori che hanno accompagnato la mia carriera, quelli che reputo i migliori. Siamo qui per celebrare il passato e per sognare un grande futuro: ho avuto la fortuna di partecipare a 12 edizioni dell’Olimpiade e so che si tratta di un’esperienza che non ha eguali, che cambia la vita e la carriera di uno sportivo. Europei e Mondiali non sono paragonabili ma siamo partiti da lì per iniziare a sognare Rio. In questi giorni ho vissuto a stretto contatto con gli Azzurri e sono fiducioso: so che da lunedì l’espressione del dottor Messina sarà ancora più concentrata. Oggi qui c’è la forza e la cultura dello sport più bello, intelligente e universale del mondo. Ringrazio voi tutti per essere qui, un pensiero speciale per il Comitato dell’Emilia Romagna che ci ha supportato nell’organizzazione”.
Ha poi preso la parola Sandro Gamba, Presidente della Commissione degli Onori della Hall of Fame: “La Hall of Fame è un traguardo a cui tutti i giocatori e gli allenatori devono mirare. Per un atleta poi la cosa più importante è l’Olimpiade. Io l’ho sognata nel 1952, quando venni tagliato in extremis e sperai fino alla fine di essere richiamato, poi l’ho giocata nel 1960 e vissuta in panchina due volte, 1980 e 1984. Per un mese entri in contatto con i più grandi atleti del mondo, ricordo che a Los Angeles un giorno pranzai con Carl Lewis. Lo dico sempre ai ragazzi: ponetevi piccoli obiettivi quotidiani ma sognate l’Olimpiade. Ci arriverete”.
Il primo premiato è stato Achille Canna (Una vita per il Basket), introdotto dallo stesso Gamba: “Abbiamo la stessa età, ricordo ancora i nostri duelli. Io a Milano, lui a Bologna, un contropiede dietro l’altro. Achille poi ha fatto il general manager e il presidente, in tutto ha visto sei scudetti ed è stato un riferimento per tutti noi”. Anche Ettore Messina è intervenuto per raccontare la grandezza di Canna: “Sono arrivato a Bologna a 24 anni, con Alberto Bucci head coach e Porelli presidente. Achille in pratica mi ha adottato, seguito e preso per mano nei momenti di difficoltà. Lui e Sandro Gamba sono stati centrali nella mia formazione di allenatore, se mi sono innamorato di questo lavoro e ho iniziato a sognare le Olimpiade è grazie a loro”. Poi un accenno al Pre Olimpico che attende gli Azzurri a Torino. ”Ho la sensazione che stiamo lavorando nel modo giusto, con un gruppo sano di ragazzi che stanno bene insieme anche fuori dal campo. Per questi motivi, almeno fino a oggi, sono abbastanza sereno e ho l’incoscienza di dire che abbiamo le carte in regola per andare a Rio”.
Bianca Rossi è stata premiata dal consigliere federale Sandra Palombarini: “Bianca per noi è stata un esempio di come si potesse crescere e affermarsi nel proprio club continuando a studiare e ad aiutare la propria famiglia. Conosceva il gioco, aveva una struttura fisica pazzesca, mentalità vincente. Una giocatrice e una donna incredibile”. Visibilmente emozionata, Bianca Rossi, al momento della premiazione. “Questo rimarrà un momento indimenticabile della mia vita, accostata a vere leggende della nostra pallacanestro. Per questo sport ho dato tutto e al basket per quanto ho potuto sono rimasta legata”.
E’ stato poi il turno di Iwan Bisson, stella della Ignis Varese. “Ringrazio tutti per questo premio, un traguardo che ho raggiunto alla quinta nomination. Con la Nazionale ho tanti ricordi bellissimi e qualcuno che ancora fa male, come la finalina per il Bronzo che nel 1972 perdemmo con Cuba all’Olimpiade di Monaco con un mio errore nel finale. Essere qui oggi è un sogno”. Per ricordare Bisson, Colombo ha chiamato anche Dino Meneghin: “Insieme formavamo una coppia di lunghi atipica: con Bisson il livello atletico e agonistico degli allenamenti si era impennato, lui voleva sempre correre e ci chiedeva di adattarsi a ritmi che per molti di noi francamente erano insostenibili. Quando è tornato a Varese, da Udine, ho ritrovato un centro completo anche sotto il profilo tecnico perché aveva imparato a usare indifferentemente entrambi le mani”.
Standing ovation per Bogdan Tanjevic, al momento della sua premiazione: “Sono onorato di essere qui, contento di appartenere a questa grande famiglia della pallacanestro italiana. Vi ringrazio per questo premio ma se vi volete liberare di me vi state sbagliando, io voglio allenare ancora per venti anni almeno”. Sul palco anche il giornalista Oscar Eleni, curioso il siparietto che poi ha coinvolto anche il presidente Petrucci. “Boscia è un uomo superiore perché dona agli altri, da lui ho sempre imparato qualcosa”. “Tanjevic è un grande uomo, dentro e fuori, a lui sono legatissimo”, ha chiosato Petrucci.
La leggendaria Ignis Varese degli anni 70 ha concluso le premiazioni. Il primo a prendere la parola è stato Guido Borghi: “In questo momento così bello voglio ricordare mio padre Giovanni, l’ideatore dell’Armata gialloblu che negli anni 70 ha dominato in Italia e in Europa”. “Da giocatore – ha aggiunto Toto Bulgheroni – ho avuto la fortuna di essere allenato da coach eccezionali. Ho smesso di giocare nel 1971, poi mi sono goduto quel ciclo incredibile di finali e successi”. Dino Meneghin ha ricordato il dualismo con l’Olimpia Milano: “Noi eravamo considerati la squadra della provincia, loro la metropoli, le scarpette rosse, il club della metropoli. Un po’ di quel fascino lo subivamo”. Curioso il destino di Marino Zanatta, milanese che a Varese ha fatto fortuna. “Quando All’Onestà ha chiuso, ho firmato per Varese e mi è cambiata la vita ma avevo Ignis tatuato sulla pelle ancora prima di giocarci. Eravamo come una classe di liceo in vacanza, Nikolic ci insegnava basket e noi di divertivamo a giocare e a vincere. Una finale di Coppa per noi era la normalità”. Aldo Ossola ha ricordato la figura di Marino Cappellini, storico massaggiatore dell’Ignis e oggetto di ogni forma di scherzo da parte dei giocatori: ricordo confermato dalle parole di Sandro Galleani, fisioterapista di Varese che poi ha fatto le fortune anche della Nazionale.