Non sono ancora in infradito, ma un caipirinha me lo bevo dopo la due giorni di Torino. E pensare che sono un tipo che fra il bicchiere mezzo pieno e quello mezzo vuoto…non vedo nemmeno il bicchiere!
E non voglio farmi condizionare dall’ “aura messiniana” per cui ogni cosa viene rappresentata nelle sfaccettature più gradevoli; l’Italia contro la Tunisia e contro la Croazia non è stata sufficiente in attacco, almeno non per come il coach intende il gioco. Troppo la palla in mano, poca profondità d’area e in generale la consueta abitudine ad affidarsi a giocate dei singoli. Troppo poco tempo per lavorare su un timing che necessita ore e ore di affinamento, Messina ha capito immediatamente che c’è solo una coperta di Linus che ti salva: la difesa.
Ed è questo l’elemento fondante su cui si basa il mio inconsueto ottimismo. L’allenatore del Messico dice: “se l’Italia gioca una brutta partita…”… vince facendo segnare un punto in meno alle avversarie!
Gli azzurri possono pensare di esprimere pessime versioni offensive, e vincere lo stesso. E’ un concetto che psicologicamente infonde tranquillità, che pone al riparo dai ferri di Torino, dai palloni complessi da governare, dal muro umano di tifosi italiani. E se poi l’autostima farà il suo corso (già una parte è garantita), allora il feeling con il canestro sarà una questione di tempo.
Ora serve evitare distrazioni (vedi Messico ndr.) e affondare il piede sull’acceleratore in finale, chiunque possa essere la rivale. Bisogna veicolare anni di buoni propositi, di botte prese e date, di frustrazioni (“mi sono rotto le balle di perdere” cit. Gallinari); i supereroi azzurri hanno la maschera di Marco Belinelli e la “cattiveria” di Daniel Hackett (non a caso uno dei contestati del passato), il talento del Gallo ma anche lo spirito di gruppo di Poeta.
Essere a fuoco vuol dire aspettare il graffio di uno stanco Datome o le testarde (ma giuste) forzature in mis-match favorevoli, di Ale Gentile. Insomma, io ci credo…ma non vado in campo.
Raffaele Baldini (www.cinquealto.com)