Prima da giocatrice, poi da dirigente, Roberta Meneghel non ha faticato a farsi entrare nel cuore i colori orogranata, diventando importante per tutto l’ambiente dell’Umana Reyer. Ed è quindi pronta ad affrontare con il tradizionale entusiasmo la nuova annata.
Roberta, sarà la tua settima stagione con l’Umana Reyer: cosa significa per te fare parte di questa società da così tanto tempo, sia dal punto di vista sentimentale che da quello professionale?
“Dal punto di vista sentimentale, ho trovato una famiglia che mi ha accolto e che ha avuto fiducia in me, per cui sarò sempre riconoscente alla società. Al giorno d’oggi, la riconoscenza è sconosciuta a molti, ma io sarò sempre grata a Reyer per le opportunità che mi ha dato, che continua a rinnovare e che spero di non deludere. Ho imparato molto, in questi anni, sia dal punto personale che professionale: mi piace migliorarmi e ho trovato persone che hanno avuto tempo e voglia di insegnarmi”.
Com’è iniziata la tua carriera all’Umana Reyer? Ci racconti il percorso che ha fatto la società in questi anni dal tuo punto di vista? E quali sono state le tappe fondamentali della tua crescita, soprattutto da dirigente?
“Sono arrivata da giocatrice di serie A in una delle migliori società d’Italia. Mi sono subito adattata bene, dopo sette anni nella magnifica terra siciliana. Era una sfida; e a me piacciono le sfide… Ho sentito subito il calore della gente, nonostante da avversaria non fossi molto amata… ma fa parte del gioco! Dopo un anno di serie A, è arrivata la decisione di ripartire dalla serie B, per riscoprire i valori Reyer, quei valori per cui ci battiamo ogni giorno. Mi è stato chiesto di rimanere e fare da “chioccia”: qualcuno poteva vederlo come una bocciatura, io ne ero lusingata perché voleva dire che avevo trasmesso qualcosa come atleta e soprattutto come persona e questo ti ripaga di tutto. Confesso che l’impatto non è stato facile, ma questa esperienza e l’interagire con generazioni così diverse dalla mia mi ha dato modo di lavorare su me stessa. La società in questi anni ha fatto passi da gigante, mossa dalla passione per questi colori e questo sport, dalla competenza e dalla voglia di migliorare giorno dopo giorno. E penso che i risultati delle due prime squadre e dei settori giovanili ne siano la controprova. La decisione di smettere di giocare non è stata facile, ma arriva un momento in cui bisogna fare i conti con se stessi ed essere onesti, anche se la passione che ho potrebbe farmi giocare fino ad 80 anni. Da qui l’inserimento come dirigente: un’opportunità che mi è stata data e che mi ha riempito di gioia, perché mi dà la possibilità di rimanere comunque sul campo, anche se coi tacchi, per la gioia dei custodi… A casa ho avuto per anni l’esperienza di mio papà, per cui partivo avvantaggiata e ho avuto la fortuna di essere circondata da persone sempre pronte ad aiutarmi. Le esperienze internazionali hanno aggiunto lavoro e soddisfazioni: è sempre bello confrontarsi con altre realtà ed è grazie alla società se abbiamo questa chance”.
Ci racconti qualche aneddoto divertente riguardante la Reyer che in questi anni ti sei portato con te?
“Dopo così tanti anni, di ricordi divertenti ce ne sono parecchi. Siamo riusciti a creare un bel gruppo a livello di staff e ciò agevola il lavoro. Le sfide a carte la sera in trasferta sono uno spettacolo: anche in quelle occasioni emerge la voglia di vincere e cominciano gli sfottò e le litigate….lascio all’immaginazione! Un altro episodio epico è stata la nottata in pullman, dove, come sempre, chi dice di non aver dormito per niente è colui che ha russato tutta la notte non facendo dormire gli altri (non si dice il nome del peccatore per la privacy)”.
La tua più grande soddisfazione da quando sei in Reyer?
“Le soddisfazioni in questi anni sono state multiple. Quest’anno, per esempio, il non aver preso neanche una multa in Europa, che è nota per il fioccare delle multe per la non osservanza delle rigide regole, è stata una bella soddisfazione. Ma la soddisfazione più grande è stata chiudere la carriera con due anni senza sconfitte, due campionati e due coppa Italia vinte: chiudere senza rimpianti non è da tutti”.
Cosa ti aspetti dalla prossima stagione della prima squadra femminile, sia in Campionato che in Coppa?
“Gli ultimi due anni, onestamente, sono stati molto positivi: non sempre è possibile ripetersi ma sono contenta della squadra allestita. Una squadra divertente, grintosa e ben allenata, che sicuramente piacerà al pubblico…quindi venite a trovarci!”
L’Umana Reyer rappresenta un progetto, non solo sportivo, che è cresciuto negli anni. Qual è, secondo te, il segreto e quali sono i fattori che hanno permesso di fare sempre un passo avanti in tutti i diversi settori della società?
“Il segreto è la programmazione a lungo termine, la voglia di migliorare e non accontentarsi. Ognuno porta il proprio mattone, senza paura di sporcarsi le mani, con l’umiltà che ci contraddistingue. Poi la passione e l’amore per i colori della maglia, perché si gioca e si lavora non per il cognome che è scritto sulla divisa, ma per tutto ciò che quella maglia rappresenta: le tante persone che lavorano sodo e la tanta gente che ci sostiene, che meritano rispetto e abnegazione”.