Sabato con la Super-coppa parte la nuova stagione. Milano difende scudetto e Coppa Italia. Di diritto, la parola va quindi al presidente dell’Olimpia.
Presidente Proli, come vi presentate alla prima stagionale?
«Quest’anno siamo partiti con tutti i giocatori presenti per la preparazione, nessuna tournée internazionale come un anno fa. Abbiamo avuto tempo per consolidare la costruzione della squadra, non abbiamo alibi. Il campionato spaventa meno rispetto all’ultimo, abbiamo le carte in regola per confermare il vantaggio costruito e confermarci per la prima volta, fare quello che faceva l’Olimpia di Rubini o la Banda Bassotti».
Dove volete arrivare in Europa?
«Nelle prime otto, senza porre limiti ai sogni ma con raziocinio. Non vogliamo più essere la squadra materasso, il Forum deve tornare, come 3 anni fa, un fortino che incute timore agli avversari. Il nostro budget relativamente alle big è inferiore ma dobbiamo diventare avversaria ostica per tutti. Tre anni fa nei quarti a Tel Aviv abbiamo assaporato cosa vuol dire aver l’abitudine ad essere lì, a lottare per le Final Four. Possiamo far nostra l’abitudine, la cultura, la familiarità del giocare ad alto livello, un abito mentale che non abbiamo ancora assimilato».
Ale Gentile è ancora con voi.
«Ale deve capire se è ancora un ragazzo o è un uomo. È sempre stato un giocatore dell’Olimpia ma deve dimostrare che il triennale che ha con noi riflette quello che avevo visto in lui un anno e mezzo fa e che non ho visto pienamente nella scorsa stagione. Che è stata sfortunata, con tanti guai fisici che gli hanno fatto perdere fiducia nel tiro da 3. Ha avuto un crollo psicologico, arrivando ai playoff con tanta insicurezza. Le dichiarazioni egoistiche post scudetto hanno mangiato la vetrina di un momento bellissimo portando su di sé l’attenzione di tutto il basket italiano. La ripartenza con lui è basata sul fatto che faccia parte di un sistema, pur essendo un valore aggiunto. Se in questo sistema riuscirà ad essere uomo, probabilmente negli anni prossimi finirà in Nba».
Sarà ancora il capitano?
«No, la fascia passa ad Andrea Cinciarini. Non mi illudo più che ci siano giocatori attaccati alla maglia, alla città. Ormai sono tutti dipendenti. Essere professionisti comporta che si impari a tenere un atteggiamento maturo, che si abbia rispetto del senso del dovere, anche lontano dalla società. Per questo il nuovo capitano sarà lui, uno che viene ascoltato in spogliatoio. Ed è per questo che Ale non lo sarà».
Un segnale pesante per Gentile.
«Per tutta la squadra, non solo per lui. Il messaggio c’è da sempre, in passato siamo stati meno bravi a tirare le briglia. L’anno degli zero titoli infatti è stato quello in cui abbiamo subordinato i valori umani a quelli tecnici. Di errori ne facciamo tanti, ma non li ripetiamo».
Come l’ha presa Gentile?
«Ha capito benissimo i motivi della scelta. E’ intelligente e obiettivo. Logico che sia dispiaciuto, vuol dire che ci tiene».
Sente suoi gli scudetti che potrebbero essere tolti a Siena?
«No. In quegli anni io ho commesso errori, probabilmente non avremmo vinto nulla anche senza l’Mps. Non eravamo all’altezza, ci avrebbero battuto anche senza i giochini di qualcuno. Poi abbiamo attinto da Siena come hanno fatto Venezia e Reggio Emilia, perché aveva una cultura di far squadra che ho sempre ammirato, non nei modi – diciamo borderline -, ma per lo spettacolare modo di far quadrato contro tutti. Per questo lo scudetto 26 lo ritengo irripetibile, perché è arrivato battendo il vero nemico, anche se in disgrazia. Non era lo stesso gruppo, ma avesse vinto sarebbe entrato nella leggenda».
Si sente in dovere di farsi capofila del movimento?
«Dipende dalla chimica che si crea in Lega, se ci sarà, saremo pronti ad essere uguali agli altri, a supportare e non fare i protagonisti, dato che siamo sempre visti come quelli che possono fagocitare gli interessi a nostro favore. Siamo stati sempre disponibili a far sistema e lo saremo ancora. Siamo 16 club eterogenei, c’è chi ha visioni a lungo termine, chi guarda solo alla stagione che l’aspetta. Sono ottimista, ma dobbiamo fare tutti un passo indietro, evitare di farci gli sgambetti e lasciarci guidare da un commissioner. Ora, come sempre all’italiana, abbiamo fatto una cosa addomesticata, con un amministratore e un commerciale che lo affianca. Meglio di niente, ma il progetto è di avere un commissioner alla Bertomeu. Ora però diamo tempo a chi è arrivato per costruire il rinascimento della Lega».
Il campionato parte senza sponsor.
«Questione di timing, la delega è tornata alla Lega dalla Fip da pochi giorni. E’ sconcertante, vero, ma serve tempo per andare a vendere un progetto di marketing. Il contratto di Beko era scaduto e il nuovo presidente non ha trovato nulla di pronto. Cosa doveva fare? Il Mago Zurli? Questo lo dico a qualcuno degli altri 15 presidenti…».
Favorevole a due promozioni?
«Favorevolissimo, ben vengano anche le 18 squadre. Tutti i club virtuosi arrivano da promozioni. Sarebbe bello ritrovare il derby di Bologna in Serie A. O rivedere Treviso. Magari ci fosse il derby a Milano».
Come giudica la presidenza Petrucci?
«Se supera indenne anche questo periodo non lo batte neanche la pioggia acida. Ha sette vite. Gli è stato chiesto di dimostrare di essere forte al servizio di Baumann, come ha fatto rispetto all’Eurocup. Ho capito che ha dovuto subire un indirizzo da un’autorità superiore e ha eseguito. Ci ha messo con le spalle al muro e qualcuno di noi – non l’Olimpia – ha dovuto piegarsi alla forza della Fip. Mi auguro che la stessa energia la metta in campo per ristrutturare il sistema basket attraverso una regola che imponga con tempi ragionevoli, nell’arco di 3 anni, che in Serie A non si possa giocare se non si hanno palazzetti da 5000 posti con regole di sicurezza che permettano ai bambini e alle famiglie di andare alla partita con serenità. E che crei un sistema dove economicamente, da parte federale, ci siano iniziative che non siano volte sempre a sottrarre ai singoli club ma creino valore aggiunto, tipo finanziamenti a fondo perduto, una community dove andare insieme a cercare soldi anche dove non ci sono. Vorrei che la Lega facesse quello che ha fatto Bertomeu in Eurolega, ma con la spinta della Fip, altrimenti si gioca a scaricabarile. E sugli italiani che si finisca di raccontare la solita storiella che nessuno crede nei nostri giovani quando invece è il sistema che va riformato. Spiegatemi come dovrei fare a Milano a far crescere i giovani. Se non nasce un campionato satellite dove far giocare solo gli italiani, restano solo le chiacchiere».
Quali sono le avversarie più temibili in Serie A?
«Sassari e Venezia. L’Umana ha consolidato il progetto dell’anno scorso e ha un ottimo allenatore. La Dinamo è pronta a farci male. Non credo che Sardara e Pasquini sbaglino due anni di fila».
Il rapporto con Repesa?
«Ora ci conosciamo meglio, è un personaggio straordinario, deflagrante, con “più e meno” che non nasconde. Mi sono affezionato ai suoi difetti, è il tecnico perfetto per noi».