Fonte: Il Piccolo a cura di Raffaele Baldini
Il primo a presentarsi in sala stampa, dopo la conclusione dell’incontro, è il tecnico della De’ Longhi Stefano Pillastrini, soddisfatto, ma senza trionfalismi della prima vittoria della sua carriera a Trieste.
Coach, un bel successo per iniziare al meglio il campionato. Le sue prime impressioni? È stata una partita intensissima, con tanta fisicità in campo, fra squadre ancora in costruzione. Sono contento per i rimbalzi catturati, di gran lunga superiori a quelli presi da Trieste e nonostante contro la verticalità dei suoi americani; la seconda cosa è che non avevo mai vinto nella mia carriera in terra giuliana. Comunque, al di là del piacere per i due punti colti, ci sono ancora mille problemi di gioco da affinare.
Finchè Moretti ve li risolve, comunque, avete tempo per trovare soluzioni adeguate, non le pare? Senz’altro Davide è stato molto bravo a farsi trovare pronto, decisivo poi nelle giocate finali, ma anche molto bene difensivamente.
Ma perchè dice che avete ancora problemi di gioco? «Se guardiamo all’anno scorso, dobbiamo ritrovare l’atteggiamento giusto nella metà campo di fatica. Abbiamo cambiato struttura, mettendo Moretti in playmaker e abbassando il quintetto, dovendo inserire due rookie; per questo motivo bisogna valutare il nostro gruppo alla distanza».
In casa triestina, invece, Eugenio Dalmasson mette subito il dito nella piaga. «Questa sera (ieri, ndr) abbiamo messo a nudo le problematiche viste nelle ultime settimane. La nostra squadra deve tenere alto il ritmo e con giocatori da recuperare fisicamente non è semplice, perdiamo giocoforza di identità. Treviso ha avuto il vantaggio di essersi rodata in una doppia sfida di Supercoppa».
Però ve la siete giocata alla pari per 37 minuti, non è male… Partite così, di norma, le avremmo perse di venti punti, invece siamo stati bravi a restare nel match senza subire break pesanti. Stefano Bossi è il nostro playmaker e sta giocando bene, purtroppo il suo alter ego (Prandin, ndr) non sta benissimo, e allora è complesso giudicare la regia nella sua interezza. Parks, soprattutto nel primo tempo, è sembrato cercarsi un po’. Eravamo abituati a tutt’altra consistenza. Jordan è mancato a rimbalzo, ma è la fisiologica conseguenza della sua trasformazione in esterno; Green invece ha approcciato molto bene, ma deve imparare ad avere letture competenti per tutti i quaranta minuti.