Da: Il Piccolo a cura di Raffaele Baldini
Ritrovare la propria identità fra i 28 metri di parquet, l’etica del lavoro duro quale unica via per uscire dal momento complesso. Eugenio Dalmasson coniuga il proprio ruolo di timoniere fra chiavi psicologiche e dettami tecnico/tattici. E’ proprio il bilanciamento dei due aspetti su cui il coach pone l’accento: “uno è la conseguenza dell’altro. Senza il lavoro non puoi sperare di ottenere risultati. Ma sono i risultati la miglior medicina per costruire in palestra il futuro.” Se il concetto è di ritrovare la “fame”, allora si può dare un senso diverso al calendario complesso di inizio stagione e alle sconfitte patite. E’ possibile quindi leggere questi “schiaffi” presi come propedeutici al ritrovamento di quello spirito perduto? “Sicuro, se diamo un senso costruttivo alle sconfitte si. Ci siamo fatti un esame di coscienza severo, alcuni giocatori hanno pagato sin troppo il senso di responsabilità di fronte ad un ingigantimento dei rovesci in campionato. Ribadisco, vedo un po’ troppi ragionamenti figli del sesto posto conquistato lo scorso anno, con 7/10 confermati del roster. La storia attuale nostra, ma come quella di Casale, Imola, Mantova, sta a significare che ogni campionato fa storia a sé. Negli occhi dei miei giocatori vedo una mortificazione sproporzionata rispetto a presunte colpe che hanno commesso. Non dobbiamo andare in depressione per un cammino che poteva essere fisiologicamente questo.” Addentrandoci sull’argomento campo, la sensazione è che lo stato fisico del gruppo sia relativo: “Non c’è un problema atletico del gruppo, bensì c’è un onda lunga di problemi dei singoli. “Bobo” Prandin è da due mesi che lotta con un recupero non facile, allenandosi a ritmi inferiori e dovendo convivere con un tipo di pallacanestro lontana dalle sue corde. Andrea Pecile idem, si può dire che ha cominciato il campionato da Bologna, dopo un infortunio e un’età che necessita tempi di recupero diversi. Ma entrambi non hanno mai fatto mancare l’abnegazione e la volontà di rimettersi in carreggiata quanto prima.” Proiettandoci alla prossima sfida con la temibile OraSì Ravenna, una sfida a detta sua di grande importanza; domenica meglio avere giocatori arrabbiati o coscienti? “Tutte e due, la consapevolezza di chi siamo e dei nostri limiti è fondamentale per essere calibrati a dovere, l’incazzatura giusta è quella che però ti genera quella voglia di vincere che serve fra due canestri.” Ravenna con entusiasmo e con il primato, ma c’è dell’altro? “Diciamo che se i numeri dicono che loro sono il 2° attacco del campionato e noi il peggiore, giocarcela a chi segna un canestro in più sarebbe operazione improvvida. Loro vengono da un carico di adrenalina derivante dal derby vinto a Casalecchio contro la Virtus, sono una squadra mixata ottimamente fra giovani ed “usato sicuro”. Il fatto poi che nel roster ci sia un certo Marks, oggetto del desiderio nostro ma economicamente inarrivabile, fa capire anche quale sia il diverso valore economico sulla carta.” Ma c’è il bicchiere mezzo pieno in vista di domenica… “si, ed è quello di tornare a giocare fra le mura amiche, per la nostra gente. I nostro obiettivi si sono sempre strutturati sui successi casalinghi, prima di ogni cosa.”