Fonte: La Gazzetta dello Sport, a cura di Riccardo Pratesi
L’ennesimo show, da record. Curry segna 13 triple contro New Orleans e toglie dai guai i Warriors, in chiaroscuro in questo inizio di stagione. Il primato precedente, 12, già gli apparteneva, ma a pari merito con Bryant e Donyell Marshall. Piazzarsi davanti a Kobe ha sempre un sapore speciale e storicizza l’evento. I punti complessivi di Steph sono stati 46, abbastanza per battere i Pelicans 116-106, riscattare la sconfitta di Golden State tre giorni fa con i Lakers e la partitaccia di Los Angeles, dove aveva interrotto la serie record di 157 partite consecutive con un tiro da 3 punti a bersaglio, sparacchiando 0/10. Ma più di tutto, Steph si è ripreso i Warriors, dopo averli «prestati» a Durant con la cortesia d’obbligo riservata al super acquisto estivo per farlo sentire a proprio agio in California.
L’Oracle Arena, incredula quando New Orleans, partita con 7 sconfitte di fila, aveva messo la testa avanti nel terzo quarto, impertinente, gli ha riservato il trattamento da re della Baia, quello consueto, quando sono cominciate a piovere triple. I canti «Mvp Mvp» sono stati di sollievo in chiave risultato, ma soprattutto una ribadita dichiarazione d’amore dopo la «scappatella» con Durant delle prime partite.
DOLORI DI CRESCITA Poi c’è da parlare dell’andamento lento dei Warriors (5-2 di record). Capaci di triturare Portland in Oregon e Oklahoma City nella sera, ma anche di perdere di 29 l’opening night casalingo contro San Antonio e appunto affondare nella città degli angeli per mano dei giovani Lakers. I punti di Curry sono serviti tutti per scrollarsi di dosso un Davis gigantesco. I Warriors giocano a sprazzi. Difendono poco e faticano a rimbalzo, sotto il proprio tabellone. Accendono e spengono l’interruttore del loro gioco offensivo che al meglio è un luna park cestistico, con tiratori micidiali ovunque sul parquet e movimento vorticoso di palla che trasforma l’Oracle Arena in un’ingestibile tagadà, per gli avversari. Ma che quando è sul pulsante off si trasforma in una stucchevole e un po’ soft esercitazione balistica dei tanti solisti, condita da troppe palle perse, di cui Coach Kerr si è lamentato apertamente, e contro i Pelicans ne sono arrivate altre 15. I Warriors sanno di essere forti, fortissimi potenzialmente. Ma intensità e continuità sono ancora sconosciute. Dolori di crescita di un gruppo che sta ridisegnando i ruoli, con Durant in squadra. Curry ha ribadito il suo: da primo violino dell’orchestra.
LE PAROLE Steph se l’è goduta, la notte magica. «Serata speciale. Mi sono allenato duramente dopo gli errori al tiro coi Lakers». Dimenticati col 13/17 da tre punti. Per la settima volta in carriera in doppia cifra di triple a segno. Alcuni tiri sono stati da marziano, dopo finte e contro finte, fuori equilibrio, come quello «in corsa», da referto, del record. Cattivi tiri per tutti, non per lui. «Di solito li prendo se sono in ritmo, se ne ho messi già dentro un paio, prima…». Kerr pre-gara aveva detto, profetico: «Tiriamo male da 3 punti? Mica mi preoccupo, conosco i miei ragazzi…». Nel post-partita gongolava: «Che show, quello di Steph! Ma non mi ha sorpreso, sa come riscattarsi dopo una serata negativa…». Davis, il miglior lungo Nba, riassumeva sconsolato la serata. “Non c’è niente da fare, quando Curry gioca da Curry…».