Fonte: Il Messaggero Veneto, a cura di Simone Firmani
Domani è il grande giorno. Intendiamoci, non è la finale di coppa, né una finale promozione, ma quando scopri che l’Apu Gsa giocherà contro la Virtus Bologna, sponsorizzata Segafredo e a pari punti in classifica con i friulani, intuisci che qualcosa di speciale sta per accadere. È dal 2009 che Udine non affronta le Vu nere, ed è la prima volta che i bolognesi, una delle squadre più vincenti del basket italiano, si ritrovano in A2 dopo una retrocessione avvenuta sul campo.
Uno dei principali protagonisti di domani (palla a due alle 19.30 al palasport di Cividale) sarà il timoniere della promozione udinese dello scorso giugno: Lino Lardo. È uno degli ex di lusso oltre a Ray e Cuccarolo, perché allenò dal 2009 al 2011 la panchina virtussina. Condusse un buon primo campionato (quinto posto ed eliminazione ai quarti) e una discreta seconda stagione (ottavo posto e nuova eliminazione ai quarti), ma fu sfortunatissimo arrivando a un passo dal vincere tre trofei, tutti sottratti dall’allora schiacciasassi Montepaschi Siena. Due finali di Supercoppa e una di Coppa Italia. Roba da mangiarsi le mani, per uno come lui che si vide soffiare lo scudetto all’ultimo secondo ai tempi dell’Olimpia Milano.
Lardo, capitò nel momento sbagliato? «Fummo sfortunati perché c’era Siena ma furono comunque due buoni campionati. Era un periodo in cui la società non poteva permettersi grossi investimenti, ma contro i senesi ce la giocammo fino in fondo. Mi ricordo con piacere che riuscii a lanciare due buoni giovani: Koponen e Sabatini».
Quindi niente rimpianti? «Uno solo: quello di non aver disputato il derby contro la Fortitudo».
Sembrava però che la società fosse in difficoltà economica. Sabatini annunciò più volte la vendita. Come visse quei momenti? «Quello fu un tentativo di Sabatini di porre maggiore attenzione sulla Virtus in un periodo di ridimensionamento. Con lui ebbi un bellissimo rapporto, anche se era considerato un mangia allenatori. Era molto bravo a togliere la pressione alla squadra, quando viveva un cattivo momento».
Il ricordo più bello? «Quando entrai per la prima volta nella palestra della Virtus. Lì si respira la storia della pallacanestro. Sedersi su quella panchina è sempre stato il sogno di ogni allenatore e io lo feci per due anni».
Domani la affronterà da ex. Quali sensazioni? «Preciso che non è la stessa Virtus. Ma per il nome che porta sarà comunque affascinante».
Arriva da due sconfitte consecutive e non ha giocato domenica scorsa… «Avranno grandi motivazioni per recuperare punti in classifica. Hanno due americani di alto livello e poi c’è Michelori, che per tutta la sua carriera ha fatto da collante in grandi squadre. Ho sempre sognato di avercelo ma mi è sempre andata male. Infine c’è Rosselli, cresciuto con me a Rieti».
Hanno anche tanti giovani. «Sì, tra tutti c’è Oxilia, un ragazzo speciale che arriva dal mio stesso paese, Loano. Lo portai a fare un provino proprio alla Virtus. Il fatto di vederlo giocare nella prima squadra mi riempie di emozione».
Ma la Gsa come sta? «A parte Castelli abbiamo tutti i lunghi acciaccati. Vanuzzo ha ricominciato ad allenarsi dopo l’infortunio all’inguine, Cuccarolo è in ripresa, ma Zacchetti si è di nuovo fermato. Pinton continua a essere in forse. Speriamo di arrivare nella migliore forma possibile, anche se non abbiamo fatto degli allenamenti di grandissima qualità. Ma la voglia di vincere dovrà superare ogni difficoltà. Se loro avranno tante motivazioni per vincere noi dovremo averne di più».
Pronostico? «Uno fisso. Nonostante i problemi, in qualche modo dobbiamo portarla a casa. È un’occasione troppo ghiotta».