Un canestro a…Saigon

Viaggio nell'Estremo Oriente, seguendo la penna di Sebastian Romano, l'inviato "particolare" di MegaBasket.

Quando il basket è..ovunque: anche a Saigon.

Sebastian Romano, collaboratore di MegaBasket nonché membro di quel mondo “Minors” che tanto ci affascina, sta compiendo un viaggio in Vietnam. Da vero malato della palla a spicchi, ha cercato quel riferimento che più gli sta a cuore quando viaggia, ovvero un canestro e una palla da basket. Ecco che cosa è “emerso”, in un mondo completamente agli antipodi rispetto al nostro.

Vietnam, Saigon, distretto 1, Thi Minh Khai street. Uno spazio aperto, un’isola felice riparata dal traffico snervante di una città con 8 milioni di anime.
Le linee sul cemento sembrano delimitare un campo da gioco. Più o meno al centro, un canestro.

Ci sono diversi ragazzi che giocano, di diverse età. Mi avvicino e chiedo se posso giocare. Tung-Tung, un giovane sui vent’anni dai chiari lineamenti asiatici, è l’unico che parla inglese. Mi spiega come funziona il loro “Tre contro Tre”. Si arriva a sette punti (in seguito comprendo che ogni canestro vale un punto, considerando l’assenza della linea da tre), chi segna “regna”, il terzetto che vince resta in campo. Chiaro e limpido.

Due ragazzi si uniscono a me: uno è un chiodo, l’altro decisamente più “pesante”, stessi occhi a mandorla. Terzetti pronti. Palla mia: in queste zone vige gran rispetto per l’ospite.
Lo stile di gioco è quello statunitense: difesa pressoché nulla, massimo impegno con la palla in mano. Il livello è bassino, ma non si rinuncia alle giocate spettacolari, ai passaggi no-look, al ballhanding articolato. Lo si evince ancora dalle varie canotte NBA, gli USA sono il modello, nonostante, stando alla storia, pensassi il contrario.

Il tasso di umidità è elevatissimo e dopo due azioni sono già madido di sudore.
Quando vado sotto canestro mi arriva tempestivo un fallaccio. “This is “travo” in my city!” Rispetto per l’ospite, certo, ma nessuno vuole perdere. Comprendo e mi adeguo.
La prima la vinciamo 7-2. Manca la retina, pertanto non sempre si capisce perfettamente quando la sfera entra.
La seconda stiamo perdendo 3-1 quando il campo viene invaso da una trentina di ragazzini in camicetta bianca. Quelli con cui giocavo improvvisamente si dileguano dal “campo di gioco”. Chiedo il perché; teoricamente non possono giocare là, è il campo della scuola, ma non ce ne sono altri nelle vicinanze, mi spiega Tung-Tung.
Si cavalca l’occasione. E un canestro e una palla sono già una grande occasione. In ogni dove.

Sebastian Romano