Keys of the match – Imola

Fonte: Il Piccolo a cura di Raffaele Baldini

Allenamento a Natale, testa e gambe tenute in tensione per una delle partite più importanti della stagione; ci sono in ballo le Final Eight di Bologna, c’è l’alta classifica che attende di capire se l’Alma Trieste può far parte di questa elite esclusiva del campionato. Coronica e soci hanno un grosso problema per giovedì sera: si specchiano di fronte a qualcosa di molto simile. Il PalaRuggi e Imola sono una simbiotica realtà, una espressione di forza sinergica che esalta il gruppo oltre misura. Per questo motivo non analizzate per forza numeri o situazioni con algido distacco, perché l’essenza dei 12 di Imola sta in qualcosa che è silenzioso e nascosto.

Soldati agli ordini di Ticchi – Imola ha talento relativo di squadra, se si fa eccezione per l’accoppiata Cohn-Maggioli. C’è uno stuolo di pretoriani però che forma un esercito molto combattivo. Tutti eseguono i dettami del coach diligentemente, remano dalla stessa parte senza chiedersi troppe cose, per quaranta minuti; ed è anche questo aspetto non secondario che differenzia la compagine romagnola, l’essere cioè un moto perpetuo che lucra sui momenti di partita in cui le avversarie hanno un flesso. E il caldo abbraccio del PalaRuggi eleva ancor più questa condizione.

Difesa, tutto parte da là – Le avversarie sotto i 68 punti e Imola spesso esce con il referto rosa. La difesa è anche questo un marchio di fabbrica con caratteristiche simili a quelle della truppa di Dalmasson: mani addosso, “provocazioni” fisiche (non a caso c’è nel roster Hubalek, uno che fece impazzire i giuliani con la maglia di Matera) e tante soluzioni per far pensare l’attacco avversario. Se Trieste approccia come di consueto, rischia di entrare nel tritacarne romagnolo e non uscirne più.

Sulle ali del successo – Oltre all’aspetto tecnico, su cui l’Alma può vantare un leggero vantaggio, anche quello fisico potrebbe sbilanciare la sfida a favore dei triestini. Non tanto sotto canestro, zona di competenza di due pertiche come Maggioli e Borra, quanto sulle ali non c’è veramente partita. Green e Parks sono immarcabili, se partendo spalle a canestro… ancora di più.

Occhio al faraone – se c’è un giocatore in grado di sparigliare le carte, questo è Norman Hassan. Il pisano di origine egiziane ha un rendimento a dir poco isterico, la forbice offensiva spazia dai due punti contro Forlì dell’ultima uscita ai 19 con 5 triple nel match contro la Fortitudo Bologna. La pericolosità sta nell’imprevedibilità delle sue conclusioni, nell’essere sempre fuori controllo tecnico ma capace di incidere, con fiammate estemporanee. Occhio.