Siamo una squadra… fantastici!
Pensavate che da famelico cronista avessi aperto l’analisi con la rumorosa assenza di coach Dalmasson in sala stampa nel post partita di Trieste-Bologna. Eh no, qui c’è da render merito ad un gruppo che ha inorgoglito una volta di più una città, che ha espresso una pallacanestro dall’identità forte e riconoscibile, che ha messo paura alla Segafredo Bologna in casa propria. Cantavano “siete al cinema” gli sparuti tifosi felsinei, ed è esattamente quello di cui sono stati partecipi grazie alle evoluzioni di un Javonte Green testimonial involontario della Turkish Airlines. Faremmo un torto al buon senso se pensassimo che la sfida alla Virtus sia la perfezione sui 28 metri di parquet: Trieste ha dilapidato 9 punti di vantaggio gestendo malissimo i possessi, ha avuto troppo pochi terminali credibili al di là di Green, Baldasso e Da Ros (nel primo tempo ndr.), non poteva fare i conti con un’esigenza non scritta di garantire all’organizzazione un incasso da 4-5000 spettatori rispetto ad una “pallida” Trieste-Biella. No, non era la teoria complottista, è una fisiologica eredità di eventi che debbono garantire numeri agli sponsor, e quando trattasi della Turkish Airlines abbinata alla Unipol Arena di Bologna…
Un emozione muta
Negli occhi l’orgogliosa uscita di scena di un gruppo eccezionale, il cuore gonfio di soddisfazione per aver riportato Trieste in un salotto nobile baskettaro, passando per la porta principale. Un concentrato di emozioni cestistiche che merita di essere raccontato, dalle parole dei protagonisti, da chi ha forgiato la creatura che ha esaltato la Unipol Arena. Una poesia declamata in una campana di vetro, un quadro esposto in una stanza senza luce, l’assenza di coach Eugenio Dalmasson mortifica (un po’, niente di grave) il lieto fine. Ci sono mille validi motivi per non voler presenziare, nessuno ha mai messo in dubbio la squisita educazione e rispetto dell’allenatore, in questo caso però la sua competente figura era l’espressione della Pallacanestro Trieste 2004 in una Scala del basket. Potremmo poi discutere il senso di tartassare un addetto ai lavori nell’immediato post partita o disquisire sull’opportunità di riportare dichiarazioni preconfezionate per non dare in pasto ai giornalisti elementi per la libera interpretazione; resta il fatto che quel “male necessario” (cit. Aldo Giordani riferita agli arbitri) rappresentato dai giornalisti è il tramite fra quello che succede in campo e il corposo stuolo di appassionati attento alle vicende baskettare. Quando si interrompe questo filo diretto, tutto per l’ opinione pubblica diventa interpretazione, allusione, complotto…ed è profondamente nocivo. In ultima istanza c’è la teoria che è meglio tacere che sproloquiare davanti ad un microfono, ma i motivi in quel caso li conosce solo il coach.
Crescita e futuro
Eugenio Dalmasson ha sempre usato una parola fondamentale a Trieste: crescita. Nel gruppo giovane costruito questa estate c’è bisogno di un continuo “corso di aggiornamento” lungo una stagione sportiva, cogliendo un’infinità di attimi che diventano maturità. E l’Alma ha SEMPRE imparato dalle situazioni, prova ne sia una lodevole presenza sul parquet dell’Unipol Arena, con approccio degno nella sfida con Legnano e una convincente prestazione contro la Virtus padrona di casa. Gran parte degli addetti ai lavori neutri si son convinti talmente tanto della bontà del percorso, al punto da considerare Trieste favorita al salto di categoria. Vi assicuro che non sono frasi di circostanza ma sono confidenze fatte a terze persone insospettabili che hanno un peso specifico diverso. C’è un però, una sensazione, qualche segnale: pur essendo un gruppo giovane, annovera fra le proprie fila due pedine fondamentali come Pecile e Cittadini dalla carta d’identità importante. Altri ancora come Coronica e Prandin sono gladiatori ma limitati quando la partita richiede un innalzamento del livello tecnico. Alessandro Simioni, per età ed esperienza non è ancora pronto per certi livelli. Resta quindi un roster dalle rotazioni limitate, da spremere in stagione regolare, a cui si richiede un surplus nella post season. Giocando ogni 2-3 giorni la questione potrebbe diventare limitante, onde per cui il principio di inizio stagione, o per meglio dire quello conservativo di metà stagione (vedi uno o due turni play off) diventa il più credibile obiettivo.
Un’ atmosfera da vivere
Come ogni organizzazione che abbina l’incasinamento cromosomico italico e la pallacanestro, l’evento Final Eight in quel di Bologna è logicamente perfettibile. La location è ideale, lascia un po’ a desiderare la selvaggia gestione dei posti riservati ai media, così come il “sequestro di persona” (è ironico eh…) dei giornalisti che non possono uscire dall’impianto e rientrare. Anche il servizio ristoro è caro (uso un eufemismo spinto), non male l’idea di coinvolgere cantanti e immagini a fondo ovviamente cestistico (magari coinvolgendo tutte e otto le contendenti, non solo la nobiltà virtussina). Quello che è più intrigante è l’immersione baskettara nella tre giorni, una festa di colori ma anche incrocio di tanti addetti ai lavori. In pratica la presenza dell’Alma Trieste nel lotto della papabili al titolo è di per sé una vetrina che vale l’esperienza.
Raffaele Baldini (www.cinquealto.com)