Analisi post gara 1 di Raffaele Baldini

Ancora uno spettacolo, in campo e sugli spalti

E’un altro assunto legato alle squadre di Eugenio Dalmasson: più la sfida si fa difficile e più il rendimento si eleva di conseguenza. Vedi fare il riscaldamento e vedi due roster molto differenti per levatura e fisicità. Poi la palla a due e ti accorgi che c’è un motivo per cui la Fortitudo può essere favorita; con l’incedere del match capisci perché l’Alma Arena è un fortino inespugnabile e perché i ragazzi di Dalmasson sono arrivati primi in stagione regolare. Un’intensità difensiva a tratti soffocante per chi guarda, una volontà di “mangiarsi” il pallone esemplificata da quel recupero e schiacciata di Green, con una gamba, la crescita di uomini come Baldasso e Parks che impreziosisce la confezione del gruppo. E poi la cornice, qualcosa di inimmaginabile per la serie A2, un colorato frastuono ben cadenzato da una Curva Nord al suo meglio, un moto perpetuo che confonde ogni giocatore felsineo e carica ogni componente biancorosso. Per la legge dei grandi numeri qualcuno vincerà a Trieste, ma chi lo farà sarà uno squadrone da categoria superiore.

Occhio, la Fortitudo è già passata per questi mari burrascosi

Nella conferenza stampa di Matteo Boniciolli c’è una serena consapevolezza di quanta strada ci sia dinnanzi. L’infortunio di Daniele Cinciarini (da valutarne l’entità), la curiosa scelta di lasciare Stefano Mancinelli in panchina gli ultimi minuti e la poca lucidità nelle guardie fa parte del bagaglio di una prima sfida e nulla più. Bologna ha personalità, si è visto dalle battute iniziali, ha talento nelle mani educate di Legion e potrebbe averlo in quelle di Candi e Montano, ha fisicità dirompente con Knox. Cosa manca? Semplicemente una saldezza di nervi quando pubblico e difesa avversaria ti mandano in confusione; Cinciarini è uno che può tranquillamente fare da riequilibratore emotivo, Ruzzier più complesso in casa propria, gli altri sono stati risucchiati nel tritacarne biancorosso. Tutti o quasi comunque, staff compreso, sa che alla fine basta prendersi una partita a Trieste, poi la strada potrebbe diventare in discesa…

Quello che genera la difesa triestina: CON-FU-SIO-NE!

Non ho fatto un grande sforzo per trovare il sostantivo giusto per definire quello che la difesa Alma genera negli avversari quando entra a regime: confusione. La pressione esasperante sugli esterni crea un involontario indietreggiamento, un atteggiamento passivo (o di panico) con la palla in mano che spegne ogni logica di timing ed esecuzione corretti; i rifornimenti mancati a Knox o la stessa estemporanea gestione dei palloni di Ruzzier e soci sono figli di una testa “inebetita” dalla fisica “aggressione” di Prandin e soci; non bastasse, l’assordante accompagnamento di fischi e l’esplosione di gioia ad ogni recupero giuliano, rappresenta l’ultimo chiodo alla bara di una gestione offensiva.

Due anime della stessa meravigliosa creatura

Se ne è parlato in sala stampa: l’Alma Trieste oggi esalta quella che è la definitiva unione di due anime molto diverse: una, giovane e sbarazzina ma poco strutturata e quella più esperta ma meno fresca. Ieri, esponenti della prima categoria, “Lollo” Baldasso su tutti, hanno dimostrato di essere cresciuti nelle difficoltà, sono caduti e si sono rialzati più forti di prima. Non solo nelle loro caratteristiche peculiari (tiro), quanto nell’adoperarsi per migliorare quelle più difettate (difesa). E dall’altra parte gli “espertoni” del gruppo, Alessandro Cittadini e Andrea Pecile, due straordinari uomini che hanno dimostrato ieri come nelle piccole cose c’è testimonianza di una carriera di alto livello. La fusione di queste due eterogenee realtà, merito di coach Dalmasson e dello staff, ha creato un’espressione coerente, credibile, dai colori vivaci ma ben accostati. Un capolavoro.

Adesso è chiaro: Jordan Parks è triestino!

Dai, non mi dite che non lo sapevate: Jordan Parks è triestino. Lo spirito, l’abnegazione, la faccia, la voglia di raggiungere l’obiettivo…è tutto materiale di un uomo che va oltre il serio professionismo. Questo ragazzo ha il “sacro fuoco” dentro che alberga in Coronica, in Cavaliero, in Bossi, in Pecile. Non è un caso che il suo modus vivendi si sta allineando sempre più con quello dei triestini: chiuso all’apparenza ma molto caloroso quando entra in confidenza, matto sul parquet e fuori come i figli della Bora, convinto nel voler portare la sua squadra nel posto che le compete. I suoi playoffs sono argento vivo, l’ultimo step verso un futuro di livello. Forse uno sforzo in più per cercare la riconferma varrebbe la pena prendere in considerazione.

Raffaele Baldini (www.cinquealto.com)