Fonte: Il Piccolo a cura di Raffaele Baldini
Eugenio Dalmasson è un allenatore che non fugge da questioni tecnico/tattiche, men che meno dopo aver visto disputare una gran partita ai suoi giocatori ed essere arrivato ad un centimetro dalla vittoria al PalaDozza.
C’è qualcosa d’altro sulla mancata presenza in sala stampa?
“Avete visto tutti le immagini di fine partita…”.
Cosa è successo in quei 3 minuti finali dopo aver dominato 37 a Bologna?
“Abbiamo giocato 37 minuti di altissimo livello, poi, per i restanti finali ci sono due aspetti incidenti che hanno determinato l’esito del match: il primo è la caparbietà indiscussa della Fortitudo, brava a dare tutto in rimonta e a segnare ogni pallone di quelli che contavano, il secondo aspetto è riferito ad alcune decisioni dubbie che in partite punto a punto, fanno la differenza. Cito l’infrazione di “campo” non fischiata a Knox, solo per fare un esempio. Se vogliamo invece parlare allargando il concetto, sicuramente ci manca ancora quell’ultimo step mentale per governare lucidamente i palloni decisivi.”
Ultimo gradino che presupporrebbe anche Jordan Parks e Javonte Green più presenti quando i palloni scottano?
“Anche, ma non dimentichiamo da dove vengono: parliamo di due giovanissimi che si confrontano per la prima volta a questi livelli, in ambienti di questo tipo. Oltre a questo, ricordo che Jordan l’abbiamo rimesso in sesto dopo il colpo violento preso nella partita precedente e Javonte trascina un evidente handicap fisico da qualche tempo.”
Si va verso gara 5, è paradossale ma la sconfitta nel quarto atto della serie vi ha dato una consapevolezza pazzesca nei vostri mezzi.
“Certamente, considero l’eredità di gara 4 un concentrato di aspetti positivi, a margine della delusione per il risultato finale. Chi non ha giocato a certi livelli non può capire quanto ci voglia per giocare alla pari con squadre di quel calibro e in un ambiente del genere. Sono convinto che a casa nostra, focalizzando in maniera corretta gli obiettivi tattici, daremo l’ennesima dimostrazione di forza. Noi dobbiamo semplicemente giocare a pallacanestro, non deragliare accettando una sfida a viso aperto; vogliamo proseguire il nostro sogno di finale.”
Giovedì sera quale occasione migliore per restituire il calore e la passione a tinte biancorosse?
“Stiamo vivendo un’emozione lunga una stagione, penso di poter dire che Trieste stia palpitando di passione cestistica come non faceva da decenni; non dobbiamo approcciare a questa sfida decisiva con ansia ma con la gioia di chi se la gioca fino in fondo. E poi, per certi versi, questo ruolo di ospiti indesiderati genera in tutti noi un gran senso di rivalsa…”