Larry Middleton non vede l’ora di tornare a Trieste, rivedere i vecchi compagni e riabbracciare i tifosi che dal 1989 al 1992 lo consideravano un idolo assoluto. L’ex bomber della Stefanel, rimasto in Italia al termine di una lunga carriera chiusa a 40 anni, racconta le sue emozioni in vista della partita del 24 febbraio che lo vedrà tra i protagonisti più attesi, riportando nella città giuliana il protagonista della promozione in A al primo anno, e due playoff raggiunti nelle stagioni seguenti (2033 punti totali in 101 partite). Ci sarà dunque anche Middleton a dare il suo contributo per vincere la gara di solidarietà (aggiornamento al 18 febbraio 2620 biglietti venduti, l’obiettivo è arrivare ai 5000 del 2017 a Bologna) con la promozione Special Price 10. Un unico biglietto al prezzo promozionale di dieci euro in tutti i settori per sostenere il Charity Partner, Made in Carcere, una cooperativa sociale che produce manufatti confezionati da donne detenute ai margini della società ed impegnata ad attività di reinserimento e nuovi percorsi formativi di vita con lo scopo di diffondere la filosofia della “Seconda Chance” e la “Doppia vita dei tessuti”.
“Quando sono stato chiamato per partecipare all’Old Star Game ho provato tante belle sensazioni. Sono molto emozionato al pensiero di rivedere i vecchi compagni e una città che mi è rimasta nel cuore. Sarà un momento molto speciale per rivivere i vecchi ricordi e pensare anche al futuro. Spero che a vederci vengano in tanti: abbiamo dato l’anima per portare Trieste a livelli altissimi, e ci siamo riusciti”.
Middleton riapre volentieri il libro dei ricordi del suo periodo a Trieste, che considera come i più belli della sua carriera soprattutto per il rapporto costruito con Boscia Tanjevic: un sodalizio ormai trentennale che si è rinsaldato nuovamente con la recente chiamata da parte del direttore tecnico delle Nazionali giovanili, che ha voluto Middleton nello staff della selezione azzurra Under 14: “Quelli di Trieste sono stati sicuramente gli anni più belli della mia carriera: un po’ perchè era la mia prima esperienza in Italia, ma soprattutto per la presenza di Tanjevic. Da Boscia ho imparato tutto, per me sono state stagioni fondamentali per la mia carriera. E sono molto riconoscente della sua chiamata per far parte dello staff delle Nazionali giovanili: vuol dire che apprezza come lavoro io, prima da giocatore e tuttora come allenatore ma soprattutto istruttore dei giovani”.
L’ex giocatore della Stefanel ricorda il duro lavoro in allenamento predicato da Tanjevic e lo ritroverà molto volentieri come suo coach nella selezione delle stelle di Trieste nella gara del 24 febbraio: “Io e Boscia ci siamo trovati a vicenda, a lui devo tutto perchè mi ha messo la base: mi sono adattato benissimo al livello di serietà ed intensità con cui lavoravamo, certo ci voleva una mentalità adatta per reggere a quel sistema e per un giovane americano era molto difficile allenarsi così tanto, ma ho capito subito che era adatto a me. Era molto duro, però è stato il primo allenatore che ho avuto in grado di catturare completamente la mia attenzione e mi ha fatto rispettare il gioco come si doveva fare per arrivare a certi livelli. Boscia mi ha fatto capire veramente che la pallacanestro non era come la pensavo io, ma molto di più: insegnamenti che mi sono portato dietro per tutta la vita e che metto in pratica ancora oggi>.
Middleton ricorda il suo primo impatto con Trieste nella primavera del 1989, dopo la sua prima esperienza europea all’Olympiacos: un lungo provino per convincere Tanjevic e la dirigenza e uno stimolo in più per il giocatore di dimostrare il suo valore: “Non avevo un curriculum con passato NBA, però avevo una motivazione in più per fare bene: mi avevano chiamato per un periodo di prova prima dell’estate, sono stato a Trieste più di un mese perchè Tanjevic voleva capire se potevo essere un elemento in grado di accettare i suoi metodi di lavoro. Sono stato molto riconoscente di questa opportunità e ci ho messo tutta la mia volontà per dimostrare che non avevano commesso un errore”.
Una scelta subito vincente alla luce dell’immediato salto in serie A al termine del 1989/90, la seconda promozione in fila per la Stefanel che l’anno precedente aveva vinto la serie B1: “Fu una stagione fantastica perchè vincemmo il campionato da neopromossi. Il gruppo era legatissimo, eravamo tutti giovani della stessa età con elementi emergenti come Claudio Pilutti che si trovavano in palestra a lavorare duramente ma con piacere, e dopo gli allenamenti stavamo sempre insieme: un’esperienza del genere non si è mai più ripetuta nella mia carriera. Ero particolarmente legato a Davide Cantarello e Mauro Sartori, che soprattutto all’inizio quando non conoscevo la città e neppure una parola di italiano mi hanno aiutato nel portarmi in giro e aiutarmi ad ambientarmi”.
Il marchio di fabbrica di Middleton rimase quel tiro scoccato da altezze siderali che univa plasticità del gesto tecnico ed efficacia: anche quello frutto del lavoro di Tanjevic secondo l’ex atleta. “E’ il prodotto dell’allenamento con Boscia; con lui combattevo sempre per alcuni modi di fare, ma alla lunga mi sono accorto che aveva sempre ragione lui. E questo aspetto sul tiro è stato fondamentale, ci ho lavorato tanto per svilupparlo ed ottimizzarlo”.
Nel gruppo di giovani emergenti con Pilutti, Sartori, Cantarello, Sylvester Gray e lo stesso Gregor Fucka, Middleton ricorda con piacere l’aggiunta del veteranissimo Dino Meneghin nell’anno del ritorno in serie A: “Era la nostra roccia, quello che serviva ad un gruppo di giovani che aveva appena vinto la A2. Ci ho messo un po’ a rendermi conto che con noi giocava una vera leggenda; sin dal primo giorno in cui è entrato in palestra ha saputo guadagnare il rispetto dei compagni con la sua serietà. Era una persona molto divertente, ma appena metteva piede in campo smetteva di scherzare e dava l’esempio a tutti noi. Poi per un tiratore come me i suoi blocchi erano qualcosa di fantastico, era come uscire con due guardie armate al mio fianco…”.