Quando il profilo corpulento di Ercyn Ataman si è stagliato contro il cielo azzurro nella conference call di presentazione del nuovo azionista della squadra di basket di Torino, molti hanno avuto un sussulto, poi la voce di Ataman ha tolto ogni illusione, e il suo discorso è stato più chiaro che mai.
Ataman entrerà nella società di Torino con due soci importanti turchi, tra cui il proprietario di una grossa società di rappresentanza sportiva, sia che la squadra giochi in A2 sia che giochi in Serie A.
Se uno come Ercyn Ataman si muove, difficilmente la manovra non porterà delle conseguenze.
La scelta di Torino non è così strana come potrebbe sembrare. Torino è una tra le prime quattro città in Italia per popolazione, possiede due palazzetti modernissimi, lascito delle Olimpiadi Invernali, molto apprezzati a Barcellona, nella sede dell’Eurolega.
Come partecipante a uno dei campionati in maggiore difficoltà d’Europa, inoltre, Torino costa poco, il basket italiano ha sete di sponsor e forse, soprattutto, di immaginazione e di imprenditori sportivi veri.
Torino era il classico “frutto appeso in basso”, una zona libera di grande interesse per la quantità di pubblico e per le strutture disponibili, ma nessun imprenditore italiano si è fatto avanti.
Sardara, da vero manovratore del basket e serio imprenditore, ha individuato le persone giuste e ha saputo costruire un buon business case per attrarre investimenti importanti e seri.
L’idea è che questa squadra prenderà una scorciatoia per l’Eurocup e cercherà di costruire rapidamente un budget da Eurolega. Il campionato italiano non è un problema, per Ataman, cosciente che la nostra serie maggiore si dibatte come un pesce in una pozza alla ricerca di squadre che vogliano farne parte.
Il tono di Ataman potrebbe anche irritare qualcuno. Ma quel qualcuno forse dovrebbe irritarsi con se stesso e con i ritardi organizzativi e gestionali del nostro basket. Cremona ha appena salutato il massimo campionato, seguendo il copione delle squadre troppo piccole, il cui patron si svena per qualche anno fino a finire i soldi. Roma potrebbe essere la prossima, e chissà che anche lì qualcuno non individui un altro frutto appeso in basso, anche se la vecchiaia del Pala EUR spaventa qualsiasi investitore.
Ma la speranza vera è che Ataman e il suo gruppo scuotano bene l’albero avvizzito del nostro basket. Non solo da un punto di vista manageriale, ma anche, e forse soprattutto, tecnico. Che portino allenatori da un campionato di successo che sappiano impostare un lavoro moderno e finalmente creare qualche giocatore in grado di arrivare ai livelli più alti.
Per Ataman e soci, c’è l’opportunità di lavorare al sicuro delle barriere dell’Euro, lontano dalla traballante lira turca, e di assicurarsi un futuro ai massimi livelli. Per noi, l’opportunità di imparare di nuovo come si lavori ad alto livello, e di ripassare quelle lezioni che noi davamo un tempo all’Europa.
Forse, tutto sta davvero per cominciare.
Massimo Tosatto