Dopo le stagioni venete sulla panchina di Oderzo in C Gold, con la stagione 2019-2020 conclusa in testa alla classifica al momento dell’interruzione causa Covid, l’allenatore triestino fa un salto nel passato per il prossimo futuro. Sembra una contraddizione ma, di fatto, non lo è considerando che a Montegranaro, dove sarà il nuovo responsabile del settore giovanile della Poderosa, guidando in prima persona al’Under 18, Steffè ha già allenato dal dicembre 2013 a giugno 2016, portando un contributo importante all’organizzazione tecnica e societaria.
Il percorso si interruppe dopo le Final Four, ad un passo dalla A2 che fu realtà l’anno successivo e che arrivò a completamento di un percorso in cui Steffé era stato uno dei principali attori. Subentrerà ad Andrea Zanchi e ritornerà, quindi, a lavorare per una società che, dopo la cessione del diritto di A2 a Chieti, non molla ma anzi rilancia l’idea di ripartire dalle basi, ossia dal settore giovanile.
Attualmente nelle Marche, abbiamo raggiunto telefonicamente coach Steffé.
La prima domanda è scontata: perché Montegranaro?
“Perché ho seguito l’istinto e soprattutto perché mi piace il progetto di ricostruzione partendo dal settore giovanile, dopo la vendita del diritto di A2 a Chieti. E poi innegabilmente perché sono legato alla famiglia Bigioni e al territorio di Montegranaro che già in passato mi ha regalato grandi emozioni”.
Perché non senior ma junior?
“Perché allenare pallacanestro non fa riferimento ad un’età ma alla professione di allenatore. Ripartire da un progetto giovanile si collima perfettamente con le idee che ora ho dello sport in generale”.
Quali sono i tre valori cardine per il tuo settore giovanile?
1. Passione in tutto quello che si fa – 2. Sacrificio inteso come fare qualcosa in più per poter ottenere qualcosa di speciale – 3. Divertimento, amore e rispetto per il gioco.
Quasi tre anni a Oderzo: cosa ti hanno lasciato?
In primo luogo, un numero incredibile di persone, da colleghi a dirigenti, giocatori, famiglie e appassionati che mi hanno dato tanto e che ricorderò sempre, ho tanti nuovi amici. Oderzo è una piazza dalle grandi potenzialità, spero che finalmente in futuro riesca a far quadrare un cerchio che da anni resta sospeso tra aspirazioni, investimenti e risultati. In secondo luogo, sento ancora amarezza per non aver portato a compimento un percorso iniziato insieme ad uno staff affiatato, cresciuto molto in questi anni. Purtroppo la pandemia ha interrotto tanti percorsi, e non solo quelli tecnici, e forse questo è l’aspetto che mi fa più rabbia e dispiacere. Un giorno mi dovranno spiegare quali sono stati i motivi in base ai quali Padova e non Oderzo abbia goduto della richiesta per l’ammissione alla serie B.
I tuoi obiettivi e auspici?
Sicuramente l’obiettivo principale sarà riuscire almeno in parte a trasmettere ai ragazzi che allenerò quanto è meraviglioso questo sport. Secondariamente, aiutarli a riconoscere quali sono gli strumenti che serviranno sia su un campo da basket sia fuori. Aggiungo che è vero che il mondo sportivo è un mondo parallelo, ma la pandemia ha reso chiaro che se non sei un professionista di serie A, resti in un limbo poco tutelato, con la conseguenza che le migliaia di persone che vi lavorano soffrono molto da questa situazione, sia come riconoscimento della propria professionalità sia dal punto di vista delle tutele economiche. Spero che le prossime generazioni riescano ad ottenere una maggiore tutela in questo senso.