Il massimo campionato di pallacanestro in Italia ha visto tra le sue più liete novità di questa stagione il ritorno nel Bel Paese di Marco Belinelli, la guardia di San Giovanni in Persiceto che ha deciso di ripartire dalla sua Bologna (sponda Virtus), dopo una lunga e vincente esperienza oltreoceano in NBA.
Belinelli, dopo gli esordi in Serie A con le maglie della Virtus e della Fortitudo Bologna, nel 2007 si rese eleggibile per il Draft NBA, venendo scelto così al primo giro con il numero 18 dai Golden State Warriors. Nel 2014, la guardia azzurra è stato uno dei protagonisti della stagione NBA con i San Antonio Spurs, culminata con la vittoria dell’anello (primo ed unico italiano sinora a riuscirci) e della gara del tiro da tre punti all’All Star Game.
Belinelli è soltanto l’ultimo dei grandi campioni NBA che ha militato anche nel nostro massimo campionato. Ma chi sono stati gli altri fuoriclasse della palla a spicchi che oltre ad aver vinto negli States hanno giocato anche in Serie A?
Negli anni ottanta fece scalpore la decisione di Joe Barry Carroll di lasciare l’NBA dopo appena quattro stagioni con i Warriors per sbarcare oltreoceano nel Bel Paese e precisamente alla Simac Milano. Nell’unico anno con l’Olimpia Carroll giocò 19 partite, conquistando la Coppa Korac e lo Scudetto. Tornato negli States, sempre a San Francisco con i Golden State, J.B. arrivò ad un passo dalla finale NBA, cedendo nel 1987 di fronte ai Lakers di Magic e Kareem, ieri come oggi una delle formazioni favorite per la conquista dell’anello secondo i pronostici NBA.
Nella stagione 2018/2019 ha giocato in Italia, ad Avellino, anche il due volte campione NBA con i Miami Heat Norris Cole. Il play di Dayton ha trascorso sette stagioni tra i giganti del basket oltreoceano prima di sbarcare in Europa per la prima volta nel 2017 al Maccabi Tel Aviv. Nel suo pur breve periodo in Serie A, Cole si è messo in mostra segnando una media di oltre 16 punti in 10 partite (con Avellino è stato protagonista anche in Champions League). Successivamente, a causa dei problemi finanziari del sodalizio campano, l’americano è volato al Budućnost e, quindi, in Francia, dapprima al Monaco e quindi all’ASVEL, club dove gioca tuttora.
In tempi recenti, un altro dei nomi più famosi e controversi della pallacanestro americana ha fatto tappa nel corso della sua lunghissima carriera anche in Italia. Stiamo parlando di Ron Artest, altrimenti noto con il nome di Metta World Peace fino al 2020, quando ha deciso di ricambiare il proprio nome in Metta Sandiford-Artest.
L’ala originaria del Queens ha giocato con Indiana, Sacramento, Chicago e Houston prima di sbarcare ai Los Angeles Lakers e vincere nel 2010 il titolo NBA.
Noto alle cronache sportive (e non solo) anche per aver preso parte alla famigerata scazzottata ad Auburn Hills tra i giocatori dei Pacers e dei Detroit Pistons (Artest fu squalificato per 86 partite, ad oggi la più dura punizione mai inflitta ad un giocatore NBA), il giocatore dopo una breve parentesi in Cina, fu messo sotto contratto nella primavera del 2015 dalla Pallacanestro Cantù. Durante i playoff di quella stagione (erano i quarti di finale contro la Reyer Venezia), Artest fu protagonista dell’ennesimo episodio controverso della sua carriera. Nel corso del match al Taliercio, la panchina dei canturini fu presa di mira dai tifosi lagunari che presero a lanciare all’indirizzo dei giocatori della squadra ospite monete, carte e bottigliette. Artest, cresciuto in uno dei quartieri più difficili di New York e sempre in primissima linea quando si è trattato di rimboccarsi le maniche e cominciare a giocare senza regole, reagì, lanciando a sua volta verso il pubblico bottigliette e moneti che intanto gli erano piovute addosso.
Quell’episodio segnò la sua espulsione dal campo, oltre alla sconfitta per i suoi che vennero così eliminati dai playoff. Fu quella l’ultima azione del campione NBA in Italia, un breve ma significativo passaggio nel nostro paese.