Maggio è il mese delle rose, quest’anno in maggio si disputa tra l’altro la fase finale del campionato di serie A2 di basket maschile, ma il quinto mese dell’anno vede i somari, i simpatici quadrupedi, andare in “amore”.
Il basket triestino che ha conseguito il diritto di partecipazione ai play-off con grande autorità, inizia i confronti giocando le prime due delle cinque teoriche partite fuori casa opposto al Tortona.
L’automatismo delle due prime gare fuori casa, voluto dalla Federazione italiana Pallacanestro e dalla LegaBasket, ha certamente le sue ragioni, sarebbe veramente interessante conoscere la ratio delle imposte motivazioni. Comunque sia conviene ritornare al basket giocato, la Pallacanestro Trieste – senza ombra di dubbio – avrà molto da faticare per far sue le prime due gare oppure al minimo una delle due.
La formazione di coach Dalmasson, è palese da sempre, basa buona parte della sua potenzialità sull’ottima difesa nobilitata dagli aiuti predisposti e spontanei.
La coralità, unitamente alla determinazione e alla continuità, sempre espresse dai biancorossi vengono ovviamente sottoposte al giudizio dei tre direttori di gara. Arbitrare è la parte del basket più difficile, senza immediatezza, equità di valutazione e totale omogeneità di interpretazione, il risultato finale di qualsiasi gara può venire falsato.
Spesso il “protagonismo” di qualche direttore di gara ha, sia pure involontariamente, portato ad un non meritato risultato.
Landi e compagni hanno fatto loro il principio della difesa “determinata” ma quasi sempre fedele al principio del “no contact game” del basket, se il loro modus non verrà male interpretato, il raggiungimento della finale è più che possibile. Sulla carta Trieste, nella splendente condizione psico-atletica, non è seconda a nessuna delle compagini che danno vita ai play-off, a meno che non si sperperi quanto attraverso un duro lavoro realizzato.
Proprio perchè siamo in maggio mi si permetta l’utilizzo del vecchio adagio: se son rose fioriranno.
Attila Frizzo