Per scrivere un altro capitolo della storia cestistica delle olimpiadi servirà la mano ferma e sicura di un vero campione, anzi, di una squadra di campioni. Gli States – da sempre favoriti – sentono il fiato sul collo dei serbi della coppia Teodosic-Raduljica, pronti a sfidare Golia nella contesa più importante della carriera di tutti i singoli membri del roster di Djordjevic.
“Loro hanno un grande spirito di squadra; sono una squadra di grandi passatori; una squadra di grandi difensori come si è visto contro l’Australia […] quindi sarà molto difficile affrontarli.”
Coach Krzyzewski
“Non ho permesso ai miei di essere ancora soddisfatti (della vittoria in semifinale, ndr). Nel momento in cui siamo tornati nel villaggio olimpico, ho fatto sì che riposassero, che si preparassero forte per questa gara.”
Coach Djordjevic
Importantissimo mettere paura agli avversari già dal primo possesso, già dalla prima difesa, dal primo attacco. Tensione palpabile e sostanziale equilibrio per tutto il primo quarto: chiara fase di studio nelle quali si rischia poco e si riflette molto. La Serbia difende discretamente, ma in attacco c’è tanto bisogno dei pick-and-roll di Teodosic e quando questo manca, le azioni individuali vengono contenute a dovere dagli uomini di Coach K.
Primo allungo USA ad inizio secondo quarto, ma la Serbia non può permettersi di demoralizzarsi ora, in una finale olimpica; Durant ruggisce piazzando gli 8 punti che servono al raggiungimento del massimo vantaggio sul 33-20 ma è il binomio palle perse – agonia a rimbalzo ad affossare i pretoriani di Djordjevic. Un pe-san-tis-si-mo -18 raffredda l’agone dei serbi, che tirano senza convinzione e subiscono passivamente la prepotenza avversaria. Il 52-29 sul quale si va all’intervallo è uno schiaffo a cinque dita sul volto dei balcanici.
La presenza obbligata di Stimac (per i problemi di falli di Raduljica) è un ulteriore freno al “flow” dell’attacco che Teodosic ha in mente: fiducia ai minimi storici, sguardo mesto e un tabellone che recita 64-35. La sfida, in realtà, si è chiusa nel secondo quarto: tutto il resto è un lungo, triste e insensato garbage time.
Piccola nota: tutti gli statunitensi hanno il diritto di festeggiare, di gioire e di incitare i compagni. Vedere però DeAndre Jordan imitare l’airone o esplodere ad ogni, singolo, canestro del Team USA non gli ha fatto fare una bella figura agli occhi degli sportivi: Coach K. avrebbe dovuto pretendere dai suoi maggiore rispetto dell’avversario, ma…signori si nasce.
Team USA 96 – Serbia 66
Team Usa: Irving 4, Anthony 7, Durant 30, Thompson 12, Jordan 4, Cousins 13, Lowry 5, Barnes 2, George 9, Butler 2, DeRozan 6, Green 2.
Serbia: Teodosic 9, Markovic 3, Raduljica 7, Kalinic 2, Bogdanovic 7, Jokic 6, Nedovic 14, Bircevic 1, Simonovic 3, Stimac, Macvan 11, Jovic 3.
Parziali: 19-15, 52-29, 79-43
Rajone