“Adoro questo gioco. Il basket è il secondo sport (più popolare, ndr) al mondo, ma noi abbiamo bisogno di vedere che le altre nazioni si preparino per essere più competitive. […] Non troverò alibi per alcuno, se si parla di predominio. Qualcuno, dopo la partita, mi ha riportato questa frase di un arbitro ‘La prossima volta, fareste meglio a metterne in campo quattro.’ E io ho risposto ‘No, magari le altre squadre si organizzeranno e competeranno come si deve.” (Jerry Colangelo, ESPN)
No, non è una polemica sterile né una frecciatina di poco valore. Se osserviamo il problema da un’angolazione particolare, Colangelo ha ragione: le varie rappresentative statunitensi non sono sempre state imbattibili e sempre più franchigie NBA si affidano a giocatori europei o provenienti da altre nazioni. Inoltre, il verbo usato dallo Special Advisor dei 76ers, è “competere”, “stravincere”: l’Italbasket medesima, mai così nutrita di cestisti che hanno conosciuto e vinto in terra nordamericana, poteva competere meglio. Gli australiani, privi di Ben Simmons e Dante Exum, pur avendo affrontato il Team USA con grande energia, potevano fare di più. I serbi potevano fare di più.
Prendiamolo come stimolo: investiamo a livello europeo sulla formazione (e ne abbiamo di giovani promettenti), affidiamo maggiori responsabilità ai talenti autoctoni e portiamo pazienza. I frutti di un ottimo lavoro si vedono alla distanza e già una volta, in passato, Lituania, Argentina, e altre nazioni hanno dato dimostrazione di saper giocare a pallacanestro.
Rajone