Grandi meriti alla Grissin Bon Reggio Emilia per la vittoria contro la Dinamo Sassari. Pur considerando il gruppo di coach Menetti più debole rispetto allo scorso anno, lo spirito e l’orgoglio immutati hanno regalato un importante successo. Perché dico che Reggio è più debole? Perché la parola “leader” mi si strozza in gola per Della Valle e Polonara, vicini ad esserlo ma ancora non del tutto. Sono anche io fra quelli che vedono aleggiare i fantasmi di Kaukenas e Lavrinovic, una coperta di Linus che fa provincia in un roster di italiani sbarazzini.
Ma chi mi ha colpito è stata Sassari. Ben costruita, con un bilanciamento calibrato fra giocatori esperti e altri nella piena maturità, con leader possibili in diversi ruoli (Stipcevic in play, Johnson-Odom come point-guard, Savanovic sotto le plance), complementi extra-lusso di grande affidamento come Olaseni o Lydeka. Nelle prime battute della partita si è vista anche un’identità già forte, con cenni di difesa aggressiva, che nell’isola non ricordavano più, e una dirompente transizione offensiva con quel “running-back” quale Johnson-Odom. Ottimo anche l’equilibrio fra quintetto e panchina, con gerarchie abbastanza chiare dal principio. Quindi cosa manca alla squadra di coach Pasquini?
Sostanzialmente continuità, e non è poca cosa, visto che l’allineata costruzione di una mentalità vincente passa proprio per una solidità nel rendimento durante l’arco dei quaranta minuti. Ci sono squadre che per intervalli circoscritti possono tranquillamente mettere in difficoltà la corazzata Milano, è nel lungo periodo (ergo, quaranta minuti) che pagano il gap.
Tradotto, se da un lato Federico Pasquini ha già vinto la sua partita per la parte professionale dietro la scrivania (vedi costruzione della squadra), dall’altra ha un fardello necessariamente molto più pesante per declinare verbo cestistico coerente con il valore sulla carta.
Ah si, ultima battuta… se tutto il campionato di basket italiano fosse una reiterata sfida fra Reggio e Sassari, probabilmente il movimento non sarebbe così agonizzante.
Raffaele Baldini (www.cinquealto.com)