Fonte: La Gazzetta dello Sport, a cura di Riccardo Pratesi
Sono cifre storiche, le sue. Quelle di un uomo in missione. Quelle di chi si rifiuta di venire dipinto come un Don Chisciotte che lotta senza speranza contro i mulini a vento Nba: lui vuole vincere anche senza Durant, e per farlo sa che deve giocare da «mostro». E lo sta facendo. Lui è Russell Westbrook, point guard degli Oklahoma Thunder. Che ha iniziato la stagione segnando 38.6 punti, tirando giù 12.3 rimbalzi, smazzando 11.6 assist per partita. C’è di più. Westbrook è il primo giocatore dai tempi di Magic Johnson (1982), a collezionare due triple doppie nelle prime tre uscite stagionali. Ancora: la tripla doppia a quota 50 punti realizzata contro Phoenix è la prima dal 1975, allora griffata Jabbar. E soprattutto i Thunder sono 3-0. Ed è vero che bisogna fare la tara al loro record, costruito battendo Philadelphia, Phoenix e i Los Angeles Lakers, squadre sulla carta non da playoff, ma è altrettanto vero che Oklahoma City era guardata con sospetto da molti addetti ai lavori, sinora. Poco tiro dal perimetro e tanti lunghi (buoni) che intasano l’area, quella che Westbrook preferisce libera per attaccare il canestro in penetrazione, sfruttando le prodigiose qualità atletiche. Per adesso tutto bene. E siccome i Warriors di Durant hanno già perso, v’immaginate se Westbrook arrivasse alla sfida diretta di giovedì in California con un record di squadra migliore di Golden State?
LUI E DURANT Da quando KD a sorpresa se n’e andato, Westbrook è stato indaffarato. Ha rinnovato con i Thunder, rimodellando lo stipendio e allungando il contratto per altre due stagioni (ma con sua opzione di uscita da quella 2018-19). Insomma, da bastian contrario, quando tanti già lo immaginavano nel futuro prossimo a Los Angeles, la sua Los Angeles, dove è cresciuto e ha giocato al college, a UCLA, si è legato a medio termine a un progetto tecnico orfano di Durant. Ha inoltre deciso di non andare a Rio per l’Olimpiade, e s’è divertito a punzecchiare KD. Quando l’ex compagno di squadra ha detto d’essere «cool», a posto, come rapporti con Westbrook, lui ha precisato che i due non si sentono/parlano da tempo, e di non aver neanche dato un’occhiata in tv all’esordio di Durant da Warrior.
LUI E I PLAYOFF II riposo estivo, tradotto in niente Giochi, è stato progettato per l’assalto playoff. Circondato da giovani, Oladipo, Adams, Kanter, talenti intriganti sì, ma che necessitano di tempo e di una guida per brillare, Westbrook si sta caricando tutti sulle spalle: «Voglio vincere, farò tutto quel che serve per farlo». Lo ricordiamo post gara-7 della finale della Western Conference degli scorsi playoff, a Oakland. Si aggirava nella pancia dell’Oracle Arena, un leone in gabbia. Cappellino sobrio in testa, lui che ci ha abituato a look esuberanti, in silenzio. Incapace di rendere omaggio agli avversari vincenti: «Curry? Ha segnato tanto sui “cambi” dei nostri lunghi». Incapace di accettare il k.o., ossessionato dalle vittorie. Coach Donovan racconta: «Impatta la gara in ogni momento, in ogni modo. Ma soprattutto ha il fuoco dentro». Bryant ribadisce: «È la stella Nba di oggi che per competitività (feroce) mi ricorda di più». L’ultima sfida di Westbrook è ai limiti dell’impossibile: arrivare in fondo ai prossimi playoff coi Thunder. Ma non diteglielo. Sfidarlo, significa prendersi 50 punti in faccia, a corredo di una tripla doppia. E l’imminente sfida con Durant promette spettacolo.